I ragazzi seduti sui gradini di
S. Maria Novella, la piccola folla di curiosi raccolta intorno all’obelisco,
l’ufficiale partigiano a cavalcioni dello sgabello ai piedi della scalinata
della chiesa, coi gomiti appoggiati sul tavolino di ferro preso a qualche
caffè della piazza,la squadra di giovani partigiani della divisione comunista
“ Potente “, armati di mitra e allineati sul sagrato davanti ai cadaveri
distesi alla rinfusa l’uno sull’altro, parevano dipinti da Masaccio
nell’intonaco dell’aria grigia. Illuminati a picco dalla luce di gesso sporco
che cadeva dal cielo nuvoloso, tutti tacevano, immoti, il viso rivolto tutti
dalla stessa parte. Un filo di sangue colava giù per gli scalini di marmo.
I fascisti seduti sulla gradinata della chiesa
erano ragazzi di quindici o sedici anni, dai capelli liberi sulla fronte alta,
gli occhi neri e vivi nel lungo volto pallido. Il più giovane, vestito di una
maglia nera e di un paio di calzoni corti, che gli lasciavano nude le gambe
dagli stinchi magri, era quasi un bambino.
C’era anche una ragazza fra loro: giovanissima,
nera d’occhi, e dai capelli, sciolti sulle spalle, di quel biondo scuro che
s’incontra spesso in Toscana fra le donne del popolo, sedeva col viso riverso,
mirando le nuvole d’estate sui tetti di Firenze lustri di pioggia, quel cielo
pesante e gessoso, e qua e là screpolato, simile ai cieli del Masaccio negli
affreschi del Carmine.
Quando avemmo udito gli spari,
eravamo a metà via della Scala, presso gli Orti Oricellari. Sboccati sulla
piazza, eravamo andati a fermarci ai piedi della gradinata di Santa Maria
Novella, alle spalle dell’ufficiale partigiano seduto davanti al tavolino di
ferro.
Al cigolio dei freni delle due jeep, l’ufficiale
non si mosse, non si voltò. Ma dopo un istante tese il dito verso uno di quei
ragazzi, e disse:
-
Tocca a te. Come ti chiami?
- Oggi tocca a me
- disse il ragazzo alzandosi
- ma un giorno o l'altro toccherà a lei.
- Come ti chiami ?
- Mi chiamo come mi pare...
- O che gli rispondi a fare a quel
muso di bischero, gli disse un suo compagno seduto accanto a lui.
- Gli rispondo per insegnargli
l'educazione, a quel coso - rispose il ragazzo,
asciugandosi col dorso della mano la fronte madida di sudore. Era pallido, e
gli tremavano le labbra. Ma rideva, con aria spavalda guardando fisso
l'ufficiale partigiano.
A un tratto i ragazzi presero a
parlar fra loro ridendo.
Parlavano con l'accento popolano
di San Frediano, di Santa Croce, di Palazzolo.
L’ufficiale partigiano alzò la testa e disse:
- Fa presto. Non mi far perdere
tempo. Tocca a te.
-
Se gli è per non farle perdere
tempo - disse il ragazzo con voce di scherno -
mi sbrigo subito
-
E scavalcati i compagni andò a
mettersi davanti ai partigiani armati di mitra, accanto al mucchio di
cadaveri, proprio in mezzo alla pozza di sangue che si allargava sul pavimento
di marmo del sagrato.
-
Bada di non sporcarti le scarpe
! - gli gridò uno dei suoi compagni, e tutti si
misero a ridere.
- Jack e io saltammo giù dalla
jeep.
- Stop! - urlò Jack.
Ma in quell’istante il ragazzo gridò: -
Viva Mussolini
! - e cadde crivellato di colpi
.
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