19 ott 2010

COLTANO 1945 - UN CAMPO DI CONCENTRAMENTO DIMENTICATO.di Piero Ciabattini

PROPOSTA LIBRARIA:

COLTANO 1945 - UN CAMPO DI CONCENTRAMENTO DIMENTICATO
 
di Piero Ciabattini
 
pagine 206
 
MURSIA, Milano 1995
 
Euro 15,00


Nella primavera del 1945 gli americani allestirono, in Toscana, alcuni campi dove rinchiudere soprattutto prigionieri di guerra tedeschi e italiani della RSI. In questo libro, uno dei protagonisti di quegli eventi racconta il dramma di chi fu «ospite» a Coltano, vicino a Pisa, ricostruendo la storia dimenticata di un vero e proprio lager dove gli americani sino alla fine di agosto, e poi gli stessi italiani, tennero segregate in condizioni molto dure più di 30.000 persone. L’autore, oltre a descrivere la propria esperienza, tenta un bilancio delle vittime morte per la fame, i maltrattamenti e le malattie; una ricerca storica puntigliosa e tenace, resa difficile dall’omertà dei vincitori, che rivela una delle pagine più buie dell’immediato dopoguerra.
L'autore
Pietro Ciabattini è nato nel 1926 a Siena, nella contrada della Pantera. Nel 1943 lasciò gli studi per arruolarsi nella MVSN, seguendo le sorti della Repubblica Sociale Italiana. Alla fine del conflitto venne internato nei campi di concentramento americani e italiani di Scandicci, Coltano e Laterina.




I campi di concentramento americani in italia

Alla fine di aprile del 1945, mentre l'Europa bruciava l'Italia conosceva i momenti più bui della sua storia millenaria, i "liberatori" americani si premuravano di costruire un ennesimo campo di prigionia in quella bella terra di Toscana allora insanguinata dalla fine di un'epoca. Il primo campo di concentramento per prigionieri di guerra in Toscana fu il PWE 334, a Scandicci (Firenze). Il PWE 339 sorse a San Rossore; i PWE 336, 337 e 338 vennero allestiti nella tenuta di Coltano (Pisa). Erano tutti destinati ad ospitare prigionieri militari tedeschi e italiani, appartenenti alle FFAA e ad altre formazioni militari della RSI. Il PWE 337, però, si distinse subito per l'eccezionale durezza delle condizioni di vita imposte dai vincitori. Condizioni di vita: ma dovremmo dire piuttosto di mera sopravvivenza, ai limiti del più elementare istinto di conservazione. Furono troppi quelli che non ce la fecero. Ecco, al riguardo quanto dice Pietro Ciabattini, che in quel campo fu internato: «Il 25 luglio 1945 tutti i prigionieri italiani concentrati nei vari PWE in Toscana erano già stati fatti affluire nel PWE 337, più conosciuto come "campo di Coltano". La sua triste esistenza fu taciuta all'opinione pubblica fino a metà settembre del 1945, dopo che gli americani il 30 agosto avevano trasferito alle autorità italiane la giurisdizione su quel campo di prigionia. Solo allora la stampa italiana si interessò di ciò che avveniva dietro quei reticolati in quella torrida pianura pisana, descrivendo la misera esistenza di migliaia di esseri umani, scalzi, nudi, laceri, malati e bisognosi di tutto, senza che nessuna autorità si decidesse ad addivenire ad una rapida soluzione del problema. Descrivere la disgraziata vita del PWE 337 è compito arduo nel timore di non essere creduto, ma più arduo è riuscire a convincere che ciò accadde davvero a prigionieri di guerra di un esercito ricco e vittorioso, e a conflitto ormai cessato. I giornali si sbizzarrirono per una settimana a scrivere sulla drammatica vicenda di quei prigionieri, ma dei numerosi e misteriosi decessi per uccisioni, malattie e stenti nessuno ne scrisse una parola. Molti morirono nei "campi", nel "lazaret", altri nell'Ospedale da Campo n. 99 WQ06, o nel 650 di riserva per militari italiani. Anche al Sanatorio, all'ospedale Militare di Livorno e al Manicomio di Volterra ci furono numerosi morti, ma i relativi documenti o non sono visibili o non esistono più. «Nessuno, tranne gli archivisti USA, conoscerà mai il numero dei deceduti di Coltano. Mistero e silenzio anche sui luoghi dove venivano sepolte le salme. E? certo che, a distanza di cinquant?anni, sui decessi di Coltano, esiste ancora il "top secret" e anche da parte delle autorità preposte non vengono fornite notizie precise» (P. Ciabattini, Coltano 1945. Un campo di concentramento dimenticato, Mursia, Milano 1995). Parole dure, parole vere: lo stesso discorso si potrebbe applicare a molte altre realtà della seconda guerra mondiale, ugualmente lasciate nell'ombra di una menzogna consapevolmente criminale. Qualcosa, negli ultimi anni, si è mosso: un'aria diversa, un atteggiamento di maggiore apertura, la voglia di guardare con occhi nuovi a un passato non poi così vecchio... O così sembrava. Tant'è che finalmente, dopo anni di impegno da parte dei reduci di Coltano, quest'anno si è riusciti a consacrare quel terreno maledetto da tante famiglie edificandovi un "Campo della Memoria": il 22 settembre 1996 -lo annunciavamo anche noi nel numero 16 di questa rivista- si svolgeva la cerimonia di inaugurazione del Campo (di cui si vede un'immagine alla pagina precedente). Quello che è accaduto subito dopo il 22 settembre, è documentato nelle altre foto di queste pagine: i monumenti lordati, ricoperti di scritte ingiuriose, il cippo (che compare nella foto di apertura all'atto dell'inaugurazione) divelto e poi frantumato, nel pomeriggio di sabato 5 ottobre, alle 16, davanti agli occhi della Digos, in aperto oltraggio alle istituzioni. Autori del discutibile gesto, gli anarchici di "Macchia Nera". Anarchici? Difficile pensare che gli eredi di pensatori raffinati come Max Stimer, Proudhon o Michail Bakunin si siano abbandonati a gesti di vandalismo puro e semplice nei confronti della più tradizionale espressione di pietà umana: l'omaggio alla memoria dei morti, dei propri morti. Ma forse la memoria che si voleva onorare a Coltano non era soltanto il ricordo dei tanti italiani che non lasciarono il PWE 337 da vivi. Forse a Coltano si è commesso l'imperdonabile errore di voler resuscitare i fantasmi di un'epoca finita - cosi pare nel 1945: nel nostro mondo di velocità e di inconsistenza, il restare cosi tenacemente attaccati alla concretezza di un tempo e di un'idea appare quasi come una colpa. Può darsi che così stiamo volando troppo alto; può darsi che invece i fatti di Coltano siano soltanto l'ennesima testimonianza di quel degrado morale, culturale, storico ed estetico che da anni sommerge la repubblica italiana. Inutile interrogarsi sulle cause, prossime o remote, di questo degrado: finiremmo troppo lontano. E invece vogliamo restare qui, vicini, vicinissimi alla Coltano reale e alle mille Coltano ideali che ancora costellano la storia e la memoria degli italiani. STORIA DEL XX SECOLO N. 18. Novembre 1996.

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