15 ott 2012

PROPOSTA LIBRARIA:Paul Terlin Operazione Barbarossa Novantico Editrice, 2012, 216 pagine, costo 22,00 euro

con l'introduzione di Federico Prizzi ed Emilio Del Bel Belluz. Serie "Sursum corda" curata da Giuseppe Franzo
Richiedere: Novantico Editrice C. P. 28 - 10064 Pinerolo (TO) tel. 3355655208
Catalogo generale della Novantico Editrice e ordini telematici al sito
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Introduzione
Terlin e il martirio del Landser
 di Federico Prizzi

 “Anche noi, Eccellenza, siamo asiatici e il nostro dovere ci ordina di stare dalla stessa parte”.
Stalin in occasione della visita a Mosca del Ministro degli Affari Esteri giapponese Matsuoka.


 A due anni dal grande successo de “La Neve e il Sangue[1] la Novantico Editrice pubblica un secondo libro scritto da Henri Moreau, in arte Paul Terlin, pluridecorato sottufficiale della 28ª Divisione SS “Wallonie”. Intitolato “Operazione Barbarossa o il suicidio della Wehrmacht” costituisce un vero e proprio inedito in Italia, un testo imperdibile per tutti gli appassionati dell’epopea di Leon Degrelle e dei volontari valloni sul Fronte Russo. Un libro agghiacciante e brillante che presenta al lettore un’analisi spietata, ma veritiera, degli errori commessi durante l’Operazione “Barbarossa” dallo Stato Maggiore tedesco. Scritto in maniera scorrevole e appassionante si basa sulle interviste svolte da Terlin a sei alti generali tedeschi nei campi di concentramento di Garmisch-Partenkirchen (1945), Heersching (1946) e Darmstadt (1947). Seppur mutilato, grazie all’aiuto dei suoi camerati, Terlin annota e consegna alla Storia le lunghe dichiarazioni dei suoi illustri compagni di prigionia: i Generali Schittnig, Drechsel, Schreiber, Blumentritt, von Unruhe e Gille. Ufficiali questi che conobbero da vicino non soltanto i drammi del Fronte dell’Est, ma anche lo stesso Hitler in quei momenti cruciali. Vengono così analizzati dettagliatamente la catena di errori che hanno portato al tramonto militare e politico del Nazionalsocialismo attraverso la presentazione di numerose testimonianze dirette, in gran parte sconosciute, sui retroscena di molti accadimenti che condizionarono l’andamento della guerra. Si alternano in questo modo analisi originali che affrontano temi scottanti quali le reali conseguenze sull’esercito tedesco delle purghe hitleriane contro la componente socialista di Ernst Röhm[2]. Purghe che, a detta dell’autore, a differenza di quelle staliniane, eliminarono i quadri più giovani e fedeli alla rivoluzione nazionalsocialista avvantaggiando la corrente ultraconservatrice e reazionaria. Ovvero, quella stessa corrente responsabile di gran parte dei fallimenti militari nonché dell’attentato del 20 luglio 1944. Si intrecciano, inoltre, intrighi internazionali e spionaggio in cui appaiono l’Ammiraglio Canaris e l’ “Orchestra Rossa”[3], Richard Sorge e il “patto di non aggressione” russo-giapponese, dove vengono smascherate l’infondatezza delle teorie ufficiali relative l’atterraggio di Rudolf Hess in Inghilterra e l’Operazione “Seelöwe”, l’invasione della Russia e della Yugoslavia, così come del ruolo attribuito da Hitler alle armi segrete per la “vittoria finale”. A questo proposito assolutamente inedite sono anche le dichiarazioni dei generali Otto Skorzeny ed Herbert Gille relative al rifiuto di Hitler di produrre e impiegare una bomba atomica; poiché “l’impiego dell’arma atomica sul campo di battaglia e contro le popolazioni civili significherebbe la fine di ogni forma di vita sulla terra .… ho sotterrato nella mia mente questa questione una volta per tutte, dopo aver consultato numerosi scienziati. Nessuna forza al mondo potrebbe mai mutare l’irrevocabilità della mia decisione, qualunque cosa accada”. Una presa di posizione significativa che la dice lunga sulla visione apocalittica e crepuscolare attribuita spesso alla “follia” del Führer. Vengono commentati, oltre a ciò, gli errori strategici del mancato annientamento del corpo di spedizione inglese di Lord Gort a Dunkerque,  il fallimento del Blitzkrieg in Russia, le drammatiche conseguenze della politica razziale nei confronti delle popolazioni russe e i ritardi nella costituzione di un’armata panrussa agli ordini del Generale Vlassov. Nonché il fallimento dei “piani quadriennali” e dell’impiego della Luftwaffe da parte di Goering, l’impreparazione della Wehrmacht ad affrontare il “Generale Inverno” e il “Generale Fango”. Così come i molti errori commessi dallo Stato Maggiore tedesco in termini di logistica dei materiali dei mezzi e degli armamenti, ma anche in termini di impiego tattico delle unità di fanteria e di quelle corazzate. L’autore si scaglia, infine, contro Hitler e la sua gestione personalizzata della condotta delle operazioni al fronte nonché sull’atteggiamento dei generali tedeschi in continua lotta contro il “Rivoluzionario Caporale Boemo”. Soprattutto l’autore evidenzia come i generali intervistati concordino nel ritenere che l’aver deciso di conquistare Kiev al posto di Mosca nel 1941 rappresentò il punto di svolta della guerra ad Est e che comportò il fallimento della battaglia di Mosca facendo così precipitare gli eventi su tutto il fronte orientale. La Wehrmacht, infatti, spossata e dissanguata in operazioni secondarie si suicidò in questo modo nel 1941 alle porte di Mosca. Suicidio che permise a Stalin di spostare 700.000 soldati siberiani e mongoli sul fronte occidentale e di appoggiare la loro manovra con i primi esemplari di T34. L’autore, pertanto, con una vasta e documentata analisi fa cadere un altro falso mito relativo quei drammatici anni, ovvero quello che vedeva l’URSS inerme e male organizzata di fronte alla guerra preventiva scatenata da Hitler. Fa cadere, inoltre, il mito delle Panzerwaffe, pilastro della “”Guerra lampo”, concepite per un tipo di combattimento che nulla aveva in comune con le difficoltà morfologiche ed ambientali dell’Impero sovietico. Non a caso Terlin, a supporto della sua tesi, cita J. F. Fuller e il suo libro “Decisive battles of the occidental world”. Infatti, il Colonnello Fuller, sostenitore del movimento fascista di Mosley, fu uno dei maggiori propugnatori della meccanizzazione dell’esercito inglese ed elaborò il famoso “Piano 1919”. Piano in cui sosteneva che, in caso di attacco alla Francia da parte della Germania, si sarebbe potuto vincere la guerra con un contrattacco sostenuto da 5000 carri armati, tra medi e pesanti, e un appoggio aereo ravvicinato. Ciò, secondo il teorico degli eserciti “All Tanks”, avrebbe permesso di realizzare un attacco a una profondità di 20 km in territorio tedesco paralizzando il Comando germanico. Tuttavia, in questo scenario apocalittico descritto da Terlin emerge nettamente la figura del Landser tedesco. Eroe moderno contro il cinismo politico e la spietatezza degli avversari. Prototipo del combattente il cui valore in combattimento non ha mai cessato di mancare in quei momenti terribili. Tanto è vero che il nemico, per averne ragione, dovette sommergerlo in anni di guerra sotto un diluvio di ferro e fuoco. Il Landser tedesco, insieme al volontario europeo, per Terlin non rappresentarono solo dei modelli di coraggio e di efficienza militare, ma anche un idealtipo diverso di combattente. Un combattente che nonostante l’asprezza della guerra non si macchiò mai di crimini collettivi contro la popolazione civile quali quelli subiti a Lozouaïa, Berlino e Bromberg dalle donne tedesche. Il Landser tedesco e il volontario europeo rappresentarono gli ultimi idealisti in lotta contro le avanzanti forze materialiste. Una lotta che trova ben sintetizzato il proprio significato in questa celebre affermazione: “Noi ci battiamo per salvaguardare il diritto dell’uomo alla civilizzazione, perché solamente colui il quale partecipa ai suoi benefici è un uomo libero e cosciente del suo valore. Noi ci battiamo per la soluzione definitiva del problema del lavoro. Perché l’operaio continua a restare in una posizione sociale indegna, in una condizione da proletario, come a dire senza alcuna sicurezza e paragonabile a un senza fissa dimora. Noi ci battiamo per una condizione degna della famiglia. Perché l’esistenza e la felicità dei popoli europei non sono assicurati fino a quando ciascuna famiglia non si potrà sviluppare all’interno di condizioni sane e ragionevoli. Noi ci battiamo per la difesa dei contadini, [difesa] che non ha significato se non in Europa. [Difesa] che deve restare alla base della nostra civiltà. Noi ci battiamo per la libertà dell’Europa e la fine delle guerre fratricide. Perché è solo se resta libera e unita l’Europa potrà resistere agli assalti delle potenze non europee”[4].




[1] Paul Terlin “La neve e il sangue”, Novantico Editrice, Pinerolo, 2010, a cura di Federico Prizzi ed Emilio Del Bel Belluz.
[2] Ovvero, “la Notte dei lunghi coltelli” che vide, il 30 Giugno 1934, la fine politica e militare delle Sturm Abteilungen (SA).
[3] “Orchesta Rossa” era il nome attribuito dal controspionaggio tedesco (Abwher) all’organizzazione spionistica sovietica nell’Europa Occidentale durante la Seconda Guerra Mondiale.
[4] Tratto dall’articolo “È per poter vivere alla nostra maniera in Europa che noi ci battiamo”, Signal, numero 2, 1944, pag. 46 (edizione in lingua francese).

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