4 dic 2010

Socializzazione, unica soluzione*

Sono passati anni da quando Forza Nuova ha cominciato la sua battaglia in favore del lavoro.
Oggi come ieri lo vogliamo ugualmente libero dalla volgare oppressione capitalista, dalla cretineria cattivo comunista e dai meschini interessi di bottega di un sindacalismo accattone e falsario.
Allora come in questi giorni, per tutte le aziende alle cui crisi e chiusure in questi anni abbiamo assistito, dunque anche per la Piselli di Perugia, invochiamo la socializzazione, quella terza via, l’unica percorribile, che vuole la libera iniziativa, che rispetta la legge di domanda e offerta, che accetta il principio della libera concorrenza sul mercato, ma che accomuna allo stesso destino imprenditore  e lavoratore.
Non più dunque lavoro dipendente, non più padrone ed operaio, ma nemmeno espropriazione: all’interno dell’azienda lavoratori che si danno una struttura gerarchica su base meritocratica.
Anche alla Piselli, nella quale ancora esiste una parte sana e produttiva, si dovrebbe permettere a chi lavora e dunque materialmente crea la ricchezza, di divenire co-gestore e co-proprietario; non più succube di un potere verso il quale l’unica ribellione è lo sciopero, castrante e controproducente, non più lavoratore  indolente assopito dalla fiacchezza delle motivazioni, ma protagonista indipendente ed autorevole senza necessità di portavoci ed intermediari troppo facilmente corruttibili. Forse val la pena ricordare che l’INPS detiene una quota non irrilevante della Banca d’Italia e che i suoi dirigenti  sono spesso “pezzi grossi” dei sindacati che, in quella posizione, sono dunque quantomeno “controllabili”!
Il sindacato  vigila prepotentemente perché la questione di una originale riorganizzazione del lavoro e della proprietà aziendale non venga nemmeno dibattuta, avvinghiato com’è ad un potere parassita e sanguisuga del quale, fossero anche limitatamente accettati i principi sopraesposti, sarebbe irrevocabilmente privato.
La socializzazione però non è che un’utopia se non è supportata da un accesso al credito che sia, nei fatti, semplice e largamente praticabile.
Le banche e con esse le istituzioni (regioni, province, comuni) dovrebbero piegarsi alle esigenze di un prestito né oneroso né usuraio: servizio non asservimento, cooperazione non coazione.
Deriva da questa necessaria riorganizzazione delle strutture creditizie, la repulsa anche solo a prospettare un tema come quello della socializzazione?
Oggi sono proprio gli operai, ancor più dei “padroni” ad avere un interesse primario, assoluto, più precisamente, vitale, a salvare la loro unica fonte di reddito.
Tanto inagibili tutte le altre strade che l’unica proposta fatta ai lavoratori della Piselli (e non solo) è risibile e indecorosa: riassunzione a termine. Di diagnosi e cura, ben sapendo che altro non esiste se non ciò che noi indichiamo, tutti hanno taciuto, sindacati in testa, i quali oggi festeggiano, con la consueta impudenza, l’ennesima vittoria di Pirro.
A perdere lo stipendio, fra due, tre, sei mesi, saranno gli operai della Piselli, non certo gli inamovibili, ultragarantiti sindacalisti che, innovatori come cariatidi, assistono, col cinismo della pancia piena, ad una disfatta alla quale hanno contribuito e che non pagheranno.

Irma Trombetta - Circolo Ordine Futuro Perugia

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