15 giu 2010

A seguito del massacro degli attivisti filopalestinesi, israele: *


Netanyahu vara comitato con osservatori, placet solo da Usa e Ue

14 giugno, 19:54

TEL AVIV - Spetterà a tre saggi israeliani di venerabile reputazione accademica - fra i quali un ultraottantenne e un ultranovantenne - e a due "osservatori stranieri" senza diritto di voto il compito di provare a far luce sulle responsabilità del cruento assalto compiuto il 31 maggio contro la 'Freedom Flotilla' in navigazione verso Gaza.

Lo ha ufficializzato oggi il governo del premier Benyamin Netanyahu, rispondendo alle pressioni internazionali con l'istituzione di "una commissione di verifica pubblica indipendente" che nasce con l'avallo degli Usa e di alcune cancellerie europee. Ma il cui dosaggio e i cui limiti lasciano spazio a non poche reazioni scettiche, all'insoddisfazione di chi continua a invocare un'indagine esterna gestita dall'Onu e all'aperta irrisione della Turchia. La commissione, secondo il mandato ricevuto, dovrà valutare la legittimità e gli effetti del blocco imposto da Israele alla Striscia di Gaza fin dall'avvento al potere nell'enclave palestinese degli islamico-radicali di Hamas (nel 2007). E soprattutto esprimere un giudizio legale sull'abbordaggio della 'Freedom Flotilla': il convoglio filo-palestinese, guidato dalla nave turca Mavi Marmara, intercettato dalle forze speciali della Marina israeliana (con un bilancio finale di nove attivisti uccisi e numerosi feriti) mentre cercava di forzare l'embargo via mare con un carico di aiuti. Largamente preannunciata nei giorni scorsi, la composizione dell'organismo è stata formalizzata oggi - con voto unanime - dal Consiglio dei ministri, nel solco delle indicazioni rese pubbliche nella tarda serata di ieri da Netanyahu. A presiederla é stato chiamato l'ex giudice della Corte suprema israeliana Yaakov Tirkel, 75 anni, che sarà affiancato da Amos Horev, 86 anni, generale in pensione ed ex rettore del Technion (il prestigioso politecnico di Haifa) e dal novantatreenne Shabtay Rozen, studioso di diritto internazionale di fama mondiale ed ex vicerappresentante israeliano all'Onu fra il 1967 e il '71. Con loro lavoreranno due esperti occidentali - le ''presenze internazionali" auspicate da Washington e Bruxelles - i quali avranno accesso a tutti i passaggi dell'inchiesta, ma non potranno votare sulle conclusioni finali: un nordamericano, l'ex giudice militare canadese Ken Watkin, e un europeo, il leader unionista nordirlandese e premio Nobel per la pace David Trimble, firmatario d'un recente appello di solidarietà a Israele. Scelte accolte con diffidenza e venature di sarcasmo da un vecchio pacifista radicale come Uri Avnery, autore oggi di una lista di 81 domande 'scomode' sulle molte ombre che a suo dire ancora circondano il raid; ma anche dal più moderato Nahum Barnea, firma fra le più autorevoli della stampa israeliana. E che tuttavia, a parere di altri, potrebbero pur sempre produrre alla fine un qualche contraccolpo politico: come accadde nel caso della non meno criticata commissione Vinograd, dopo la guerra del Libano del 2006. Per Netanyahu, viceversa, i cinque saggi non potranno che certificare la legittimità dell'operato dei commando intervenuti sulla Mavi Marmara. E del resto essi non avranno accesso a interrogatori con alcun militare, salvo il capo di stato maggiore, generale Gaby Ashkenazi. Vincoli che non impediscono alla Casa Bianca di elogiare l'iniziativa come "un importante passo avanti". Né sembrano intaccare l'apertura di credito di alcuni dei maggiori Paesi dell'Ue: incoraggiati oggi anche dalle rassicurazioni dell'emissario del Quartetto (Usa-Russia-Ue-Onu), Tony Blair, su una disponibilità di massima di Netanyahu a una parallela attenuazione del blocco di Gaza e all'individuazione d'una lista più limitata di materiali e merci soggetti a restrizioni. Sulla trincea opposta pesano però il 'verdetto' palestinese sulla commissione - liquidata sia da Hamas, sia dal presidente moderato dell'Anp, Abu Mazen, come una foglia di fico escogitata da Israele per sfuggire al giudizio dell'Onu - e soprattutto il tono caustico della Turchia. "Noi - ha tagliato corto il ministro degli Esteri di Ankara, Ahmet Davutoglu - non abbiamo alcuna fiducia nel fatto che Israele, dopo aver attaccato un convoglio navale civile in acque internazionali, possa ora condurre da sé un'inchiesta imparziale".

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