Il
 compito che Forza Nuova si è data è quello di contribuire, in maniera 
efficace, alla necessaria opera di ricostruzione della nazione italiana,
 e, perché ciò possa avvenire, è indispensabile che vi sia chiarezza 
circa alcuni punti di carattere dottrinale. Uno di questi riguarda i 
principi che fondano l’azione politica, la quale deve essere saldamente 
ancorata ad essi e non, come invece purtroppo spesso accade, dettata da 
superficialità e da momentanei entusiasmi. 
Lungi
 dalla pretesa di esaurire un simile argomento con queste poche righe, 
lo scopo di chi scrive è quello di offrire un contributo al 
raggiungimento della chiarezza necessaria a porre le fondamenta di una 
vera rinascita nazionale, la quale non può che realizzarsi su principi 
certi e capaci di orientare rettamente la vita dei singoli e delle 
comunità.
Principio e fondamento dell’agire politico
Principio e fondamento dell’agire politico è Dio, il quale ha stabilito ogni cosa.
L’esistente
 c’è in quanto Dio lo ha pensato, voluto e creato (3) dando l’essere a 
ciò che, altrimenti, sarebbe nulla; conferendo ad ogni ente (4) creato 
una sua propria natura, uno specifico modo di essere, che lo rende ciò 
che è e non altro, in un contesto di relazioni, non casuali ma 
determinate e finalizzate, intercorrenti fra gli enti stessi. L’uomo, 
animale sociale e razionale, dotato di libero arbitrio, è chiamato a 
riconoscere questa verità, di per sé evidente, organizzando la propria 
vita, sia sul piano personale che sul piano sociale, conformemente ad 
essa. 
L’organizzazione
 del consorzio umano associato è compito della politica, la quale è 
scienza che concerne gli strumenti necessari per realizzare il bene più 
importante delle cose umane: il bene comune, dal momento che ogni uomo 
è, per natura, parte della comunità e non può raggiungere il proprio 
bene, sempre sul solo piano umano, se non come bene anche della 
comunità. Il fine più alto della politica, dunque, è quello di 
organizzare la società degli uomini secondo l’ordine naturale e divino, 
dato che Dio di quest’ordine è il creatore, e per il bene comune.
L’ordine naturale
L’ordine naturale è l’insieme delle relazioni tra le cose umane e materiali esistenti, secondo ciò che tali cose sono capaci di essere e di fare per nascita, ossia per natura.
Ma
 l’ordine naturale non riguarda solo le relazioni tra le cose esistenti,
 riguarda anche le cose esistenti stesse, le quali, colte singolarmente,
 mostrano di rispondere ad una costituzione non casuale che le rende ciò
 che sono.
Tale
 costituzione di principio è riscontrabile osservando le inclinazioni 
naturali, seguendo le quali ogni ente realizza sé stesso appunto per ciò
 che è.
Per quel che riguarda l’uomo, l’inclinazione naturale è il rapporto di congruenza tra una certa azione e la sua natura umana. 
Le principali inclinazioni naturali che caratterizzano l’uomo sono:
-              la conservazione della vita (prima di ogni cosa, occorre vivere);
-              l’unione dei sessi, l’allevamento e l’educazione dei figli;
-              la vita in società e la conoscenza della verità intorno a Dio, ossia intorno alla causa dell’esistenza delle cose.
Attenzione! Le inclinazioni naturali non sono da intendere come ciò che è sentito come piacevole.
Seguendo
 le inclinazioni naturali, dunque, le cose esistenti conseguono il loro 
proprio fine, che consiste nella realizzazione di sé secondo ciò che si è
 per natura, ossia secondo ciò che si è capaci di essere e di fare per 
nascita. Questa realizzazione di sé, secondo la propria natura, 
costituisce il fine ed il bene della cosa esistente.
La
 finalità delle cose esistenti, e la loro costituzione rispondente ad un
 criterio preciso per cui le cose sono quelle che sono, mette in luce 
l’esistenza di una causa prima dalla quale ciò che esiste è scaturito: 
un’intelligenza che ha pensato, voluto e creato ciò che esiste, 
costituendolo secondo un modo di essere che ne fonda la natura.
Dunque,
 se le cose stanno in questi termini, se tutto è così determinato da una
 costituzione di principio, fissata da una volontà esterna alla 
creatura, per quale motivo vi sono persone che vivono in maniera tale da
 contraddire le inclinazioni naturali, avvertendo come piacevoli cose 
che sono palesemente contrarie all’ordine naturale?
La
 risposta a questa domanda va ricercata riflettendo sull’uomo e quanto 
lo distingue dalle altre creature. Ciò che caratterizza la natura umana è
 la razionalità, ossia il possesso di facoltà quali l’intelligenza e la 
volontà. 
L’uomo,
 a differenza delle bestie, non è guidato dall’istinto ma dalla ragione;
 egli infatti, attraverso l’uso di tutte le sue facoltà (sensi, 
intelligenza, volontà), discerne ciò che gli si presenta, scegliendo se 
fare o non fare una cosa.
Questa
 considerazione, mette in luce un altro aspetto fondamentale della 
natura umana: la libertà, ossia la facoltà di porre o no l’atto e di 
scegliere.
I
 sensi presentano le cose all’uomo il quale, attraverso l’uso della 
ragione e della volontà, decide se accettarle o non accettarle. La 
libertà presuppone, dunque, la capacità di esprimere un giudizio, il 
quale dipende dall’esattezza del discernimento operato. Se il giudizio 
sulle cose è erroneo, ossia non corrispondente alla verità (verità= 
adeguazione tra intelletto e realtà), è chiaro che le scelte si rivelano
 sbagliate, impedendo il conseguimento del fine (5).
Può accadere, addirittura, che una persona avverta come piacevole un atto contrario alla natura umana. 
Come
 è possibile ciò? Lasciando perdere casi dovuti a forme che potremmo 
definire di patologia mentale, la risposta più esauriente a questa 
domanda la fornisce la dottrina cattolica, mediante il dogma del peccato
 originale. Vi è, infatti, un peccato d’origine, un’offesa recata a Dio 
da parte dei progenitori, i cui effetti connotano l’umanità d’ogni tempo
 e d’ogni luogo. Tra questi effetti, vi sono le “ferite” riportate 
dall’intelligenza e dalla volontà per cui alcuni, sulla base di falsi 
giudizi, determinati dal cedimento a passioni disordinate di una volontà
 “ferita”, reputano cosa buona un atto che l’uso della retta ragione 
mostra, invece, essere contrario alla natura umana ed al bene della 
persona. 
Contrario perché non ordinato al conseguimento del fine che è la realizzazione di sé secondo le inclinazioni naturali.
Come conseguire il fine dunque, ossia come realizzare sé stessi per ciò che si è?
E’ fondamentale, a tale scopo, conoscere sé stessi, innanzitutto per ciò che si è per natura. 
Contemplare
 sé stessi e le altre cose esistenti, capire la causa dell’esistenza 
delle cose e l’ordine che le caratterizza (6). Comprendere che per 
conseguire il fine è indispensabile seguire una via, una strada giusta 
che coincide con il rispetto della natura delle cose esistenti. Questa 
via da percorrere è la legge naturale. 
Il
 fatto che le cose esistenti esistano indipendentemente dalla loro 
volontà, ma in virtù di una causa esterna e superiore ad esse; l’ordine 
che caratterizza l’esistente; la finalità di ciò che esiste. Sono cose 
queste che rimandano all’idea di un piano pensato e voluto per creare e 
mantenere l’esistente. Questo piano è quello che S. Agostino ed i 
medievali chiamavano LEX AETERNA. 
Il
 concetto di lex aeterna viene dallo stoicismo e ha precursori in 
filosofie più antiche: al mondo latino il concetto di una legge eterna 
fu trasmesso da Cicerone e da lui lo attinse S. Agostino. L’irradiazione
 della lex aeterna nella creatura razionale è la legge morale, quella 
che S. Tommaso d’Aquino ha chiamato LEX NATURALIS, perché scritta nella 
natura umana. 
* continua=      http://ordinefuturo.net/2013/01/09/372/ 
 

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